| | “Mi trasformo”, di Olga Sedakova, nella bella traduzione di Alessandro Niero, è una fiaba delicata che affronta l’emozione infantile della rabbia.
In essa l’autrice rassicura fin da subito il piccolo lettore con la postilla, sotto la dedica a Dasha, “Tutto questo è successo quando ero più piccola di te”, come a dire “Sappi che non sei solo a provare ciò che provi”.
In effetti rabbia, ostilità, desiderio di rivalsa nei confronti degli adulti sono emozioni infantili tanto frequenti, naturali e legittime quanto facilmente etichettate come negative e inopportune e, spesso, addirittura rimosse. I bambini in fondo non chiedono altro che attenzione e ascolto, considerazione e rispetto, in due parole, amorevole accettazione.
La piccola Olga, trasformandosi di volta in volta in differenti animali quando entra in conflitto col mondo adulto, dà una lezione ai grandi, semplicemente per insegnar loro a prestare attenzione ai piccoli. E chi, tra questi ultimi non sarebbe d’accordo con lei? Chi tra loro può dire di non conoscere alcune delle situazioni frustranti descritte nella fiaba, come quella, a pranzo, delle conversazioni che ignorano bellamente i piccoli? Chi può dire di non aver mai desiderato prendersi gioco anche crudelmente degli adulti, o spaventarli molto per punirli della loro indifferenza?
E non è un caso che Marcello Carriero, illustratore sensibile, abbia rappresentato le due donne di casa più influenti, la madre della piccola Olga e la governante, con lo sguardo nascosto dai capelli: sono troppo occupate anche solo per ‘vedere’ la bambina e i suoi bisogni. Il padre sembra più vicino a quest’ultima solo quando lascia filtrare il pensiero divergente, abbandonando per un attimo conformismo e schemi mentali vari (quando per esempio non si stupisce che un pesce – di sicuro la carpa comprata al mercato – nuoti nella vasca da bagno). Quelle che invece ‘vedono’ sempre la bambina e considerano benevolmente tutte le sue esigenze e i suoi umori, sono la nonna e la zia Nina, pronte a capirla e ad accettarla così com’è.
C’è tutto l’universo infantile in questa fiaba, l’apparente incomprensione da parte del mondo adulto, il rapporto privilegiato con la generazione più anziana, quella della nonna e della zia, l’importanza del gioco di trasformazione per vivere e superare le emozioni spiacevoli e i sentimenti ostici. E infine la certezza, di buon auspicio per tutti i bimbi, che Olga, dopo una tregua temporanea con i suoi, continuerà ad esprimersi liberamente, perché è giusto così.
Le illustrazioni di Carriero, molto espressive, ironiche, coloratissime e buffe come piacciono ai bambini, impreziosiscono questa bella fiaba che aiuta a crescere.
Paola Ancilotto
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Mi trasformo, edito da Caissa Italia, è un racconto per bambini (e non) di Olga Sedakova (Mosca, 1949), poetessa, docente universitaria, traduttrice, scrittrice, una delle figure di maggior rilievo nel panorama letterario russo contemporaneo.
Olga Sedakova era ancora una bambina quando inizia a comporre versi, inconsapevolmente. La sorellina Irina non era ancora nata, o forse sì.
Il pensiero della morte le arriva a sette anni: “Non era un pensiero, ma un buco nel petto, o forse da qualche parte nella pancia”. E l’immortalità o il paradiso di cui aveva sentito parlare, non riesce affatto a riempirle quell’abisso.
Prima di ogni razionalizzazione viene il bambino.
Di solito all’infanzia vengono associati i traumi, i complessi, le mortificazioni. Non è d’accordo la Sedakova, che in un suo scritto, trova questo discorso perfino irrealistico. “Per prima cosa, ciò che accade nel bambino, ancor prima di ogni trauma, è un entusiasmo nei confronti della realtà: ricca, significativa, miracolosa. Qualsiasi cosa capiti sotto gli occhi di un bambino, viene vista come un tesoro. Ho sempre amato questi tesori di cui si può parlare solo in poesia o in prosa proustiana”.
“Mi trasformo” è la personificazione di qualcuno di questi mondi. In questo racconto persino il buco sgomento nel petto, perfino la morte si trasforma e rinasce, in fragoline.
Volevo bene alla nonna più che
a tutti. E a casa sua stavo bene
come in nessun altro posto.
Una volta, dopo che ci eravamo
messe a letto per dormire, le ho
detto: «Nonna, se tu muori,
voglio morire anch’io. Non
voglio restare senza di te...»
E naturalmente mi sono
messa a piangere.
«Ma no, è meglio che tu viva
ancora... Pianterai la fragola
selvatica sulla mia tomba».
Nel mondo fantastico c’è sempre qualcosa di strano e libero. Ogni cosa che il bambino può vivere come gioia, allegria, ma anche come costrizione o frustrazione si spacca e si trasforma: il bambino stesso può trasformarsi, a seconda delle proprie sensazioni, come in questo racconto: in un pesciolino, in un orso, in un maialino, in un canarino e infine in tuono e pioggia, per rovesciarsi come rabbia addosso ai genitori: nemmeno si accorgono che, ad un certo punto, Olga è sparita.
Niente è più certo di questo mondo fantastico. Non si tratta di un rifugio, primo perché anche gli adulti lo sanno: ciò che è misterioso e incomprensibile contiene qualcosa che può anche spaventare a volte, ma sicuramente affascina più di qualsiasi altra cosa. Secondo, perché senza il potere immaginativo ci si priva di una possibilità: la possibilità di giocarsi la realtà sgomenta e povera. Terzo, non si tratta di fantasia asettica: è la storia di una bambina in carne ed ossa, “Una storia successa a quando ero più piccola di voi!”. Quello che convince ed interessa l’uomo, forse più il bambino, è infatti ciò che si manifesta nella persona. Qui addirittura prende vita negli animali e nelle potenze della natura! “I miei occhi non mi bastano, voglio vedere attraverso gli occhi di altri”, scrive C.S. Lewis.
Il privilegio del fantastico o della letteratura per l’infanzia, come Olga Sedakova ci mostra, non è insegnare, dedurre, ma è la meraviglia, il coraggio, la curiosità e l’affetto, il piacere, l’impossibile, il dubbio appetitoso e la domanda imperitura.
Isabella Serra |
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