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Elegie | (1987-2004) | |
Principio | Nei primi tempi, quando agricoltori e allevatori
abitavano la terra, e sulle colline
si diffondevano bianchi armenti,
straripanti, come l’acque,
raccogliendosi a sera
alle tepide rive –
al cospetto del popolo, che ancora non aveva veduto
nulla eguale al volto della Medusa:
all’offesa bruciante,
annichilante,
dopo la quale,
come pietra al fondo,
precipitano alla fine –
al cospetto del popolo, sopra l’amplitudine dello spazio,
libero più dell’onda del mare
(poi che la ferma terra è più libera sempre: la perseveranza
respira più profonda e piana e non si stanca di sé) –
e così, nella volta celeste, di cui non si sanno ancora le figure,
innominate, e però ardono, come ne han voglia,
al cospetto del popolo
sulla scala del cielo
sopra l’amplitudine dello spazio
sopra l’attento sguardo dei monti,
rivolto
a lei,
alla prima stella,
con il calice ricolmo della notte
che sale sulla scala sospesa,
improvvisamente apparve:
luce, che pronunciava,
come una voce,
ma infinitamente più veloce
quelle stesse sillabe:
Non temere, piccolo!
Non c’è nulla da temere:
io sono con te.
| Adalberto Mainardi | |
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