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Elegie | (1987-2004) | |
Terra | A Sergej Averincev | Quando ad oriente il fondo della notte si viene accendendo,
a poco a poco la terra risplende, restituendo
la sovrabbondanza del dono di tenera, ormai quasi inutile luce.
A ciò che a tutto risponde, non v’è risposta.
E chi potrebbe risponderti in questa valle di pianto,
grandezza semplice dell’anima? Grandezza del campo
che non predispone dalla razzia, né dall’aratro
difesa alcuna: uno dopo l’altro
tutti coloro che spogliano, calpestano, configgono
il vomere nel cuore, come sogno dopo sogno, scompaiono
in qualche luogo lontano, sull’oceano, dove tra loro tutti, come uccelli, si somigliano.
E senza guardare la terra vede e dice: Signore perdona! –
dietro a ciascuno.
Così al monastero delle Grotte, mi ricordo, una pia donnina
infila tra le dita, a chi scende ai santi monaci, una candelina,
come a un bambino piccolo, che va al luogo tremendo
dove è la gloria di Dio – e guai cui la vita non è sposa –
dove si sente come il cielo respira e perché respira.
– Ti salvi Dio – dice dietro a chi non sta a sentirla.
… Forse, morire, è mettersi infine in ginocchio?
Ed io che sarò terra, la terra guardo, sbalordita.
Purezza più pura della prima purezza! Dalla regione dell’indurimento
io chiedo il perché dell’intercessione e del perdono.
Io chiedo se davvero, tu folle, ti rallegri
per millenni d’inghiottire ingiurie e dispensar mercedi?
Perché li hai tanto cari, o in che cosa ti hanno compiaciuto?
– Perché io sono – risponde. –
Perché tutti noi fummo.
| Adalberto Mainardi | |
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